Democrazia e fiducia: pilastri invisibili dello sviluppo sostenibile

democrazia e fiducia

 

La transizione ecologica non è solo una questione tecnologica o economica. È, prima di tutto, una sfida democratica. Non si può chiedere a una società di cambiare modelli produttivi, abitudini di consumo e priorità collettive senza che le persone si sentano parte del processo. Il Rapporto ASviS 2025 lo afferma con chiarezza: “non si realizza uno sviluppo sostenibile con un approccio top-down”, ma attraverso un coinvolgimento reale e paritario dei cittadini, delle imprese, del terzo settore. Senza fiducia nella politica e nelle istituzioni, la sostenibilità resta dunque un linguaggio tecnico, incapace di generare cambiamento.

Negli ultimi anni la fiducia pubblica è divenuta una delle variabili del successo o del fallimento delle politiche verdi. Non basta avere obiettivi climatici ambiziosi se la popolazione non percepisce la giustizia e la coerenza delle scelte. È quanto emerge anche dai sondaggi citati nel Rapporto: l’opinione pubblica europea, pur consapevole dell’urgenza ambientale, mostra segni di crescente disillusione verso le istituzioni, accusate di incoerenza e lentezza. L’Unione europea, che aveva assunto il ruolo di “campionessa dello sviluppo sostenibile”, oggi rischia di perderlo.

Nel caso italiano, la situazione è ancora più delicata. Il Rapporto segnala come la fiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche sia in calo costante, complice la frammentazione sociale, l’astensione elettorale e la disinformazione. Il documento parla apertamente di “erosione della fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella democrazia rappresentativa”, individuando nella scarsa partecipazione e nella debole cultura civica una delle cause strutturali dei ritardi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. In questo contesto, la transizione ecologica rischia di trasformarsi in un terreno di scontro.

Eppure, proprio qui si gioca un pezzo della partita della sostenibilità. Senza fiducia non c’è cooperazione, senza cooperazione non c’è transizione. Sul tema lo studio propone di “mobilitare la società civile” e di promuovere un approccio partecipativo alle politiche pubbliche. L’Alleanza invita il governo a riattivare strumenti di dialogo multilivello, come il Forum partecipativo del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) o il dialogo “clima ed energia” previsto dalla legge europea sul clima. Non semplici tavoli tecnici, ma spazi di confronto reale, capaci di ricostruire la fiducia tra cittadini e istituzioni.

Anche l’educazione alla democrazia è parte integrante di questo processo: l’ASviS richiama la Risoluzione ONU del febbraio 2025 sul tema, sottolineando che la transizione ecologica richiede cittadini informati, capaci di pensiero critico, di lettura dei dati scientifici, di valutazione dei rischi. C’è poi una dimensione forse ancor più profonda, che tocca la sfera culturale. Il Rapporto richiama l’urgenza di contrastare la disinformazione e le fake news, indicate come minacce dirette alla sostenibilità e alla coesione sociale. Propone di attuare il “Piano Olivetti” per la cultura e il Piano dell’OCSE contro la misinformazione-disinformazione, per rafforzare il pluralismo informativo e la fiducia nella scienza. In un’epoca segnata da sfiducia, complottismo e polarizzazione, difendere la verità dei fatti diventa un atto di stampo politico.

E senza fiducia non c’è transizione. Fiducia che però non si ricostruisce con gli slogan ma con la coerenza delle politiche. L’Italia, su questo aspetto, continua a mostrare gravi incongruenze tra gli impegni internazionali e le scelte di bilancio. Il Piano Strutturale di Bilancio non è stato disegnato “avendo in mente gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, e la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile resta priva di strumenti attuativi concreti. In questa distanza tra parole e fatti si consuma gran parte della sfiducia collettiva. Quando i cittadini percepiscono che le istituzioni parlano di sostenibilità ma tagliano fondi alla sanità, alla scuola o alla transizione energetica, il legame democratico non può che incrinarsi. Per questo il Rapporto propone un approccio radicalmente diverso: la costruzione di una Valutazione d’Impatto Generazionale per ogni nuova legge, così da garantire che le politiche non compromettano i diritti delle future generazioni. È un modo per rendere la giustizia intergenerazionale, principio ora sancito dalla nostra Costituzione, non un concetto astratto ma una pratica quotidiana.

Il futuro della transizione ecologica dipende dalla qualità della democrazia. Non bastano incentivi, piani industriali o fondi europei se manca la partecipazione. Occorre una “nuova alleanza civica” che riporti le persone al centro del processo decisionale. I dati dell’Eurobarometro e i sondaggi globali citati nel Rapporto confermano che la popolazione europea, e italiana, chiede più partecipazione, non meno. La maggioranza crede ancora nella sostenibilità come orizzonte di progresso, ma diffida della politica che la promette. La vera sfida, allora, non è convincere le persone dell’urgenza climatica, ma ricostruire il patto di fiducia che consenta di agire insieme. La democrazia non è un ostacolo alla transizione: è un presupposto per il successo.

 

pubblicato su greenreport.it

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