United in science: come rilanciare l’azione climatica
Se non cambiamo le politiche abbiamo oltre il 60% di probabilità di sforare i 3°C di aumento medio della temperatura terrestre entro la fine di questo secolo, rispetto al periodo preindustriale. L’avvertimento arriva dal rapporto “United in Science 2024” presentato in occasione del Summit del futuro, a cui hanno collaborato una serie di organizzazioni che si occupano sul tema coordinate dall’Organizzazione meteorologica mondiale, al fine di condividere le ultime notizie su meteo, clima, acqua e scienze ambientali e sociali correlate per il futuro.
Nonostante le previsioni allarmanti, il Rapporto offre segnali di speranza. Lo studio esamina, per esempio, i progressi compiuti nelle scienze naturali e sociali e nelle tecnologie innovative che ci permettono di comprendere meglio il funzionamento del sistema Terra. Un patrimonio scientifico che va utilizzato per decidere al meglio sull’attività di adattamento ai cambiamenti climatici, sulla riduzione del rischio derivante da catastrofi e sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Ma per sbloccare il pieno potenziale della nuova frontiera tecnologica, per esempio sull’Intelligenza artificiale e sui sistemi di osservazione spaziale, sarà essenziale promuovere collaborazioni internazionali e sviluppare quadri di governance efficaci, anche rivedendo i modelli di finanziamento destinati a questi innovativi comparti del sapere.
United in science: la situazione sul clima
Il Rapporto ricorda che il cambiamento climatico provocato dalle attività umane sta causando trasformazioni rapide e pervasive nell’atmosfera, negli oceani, nella criosfera e nella biosfera. L’anno 2023 si è distinto come il più caldo mai registrato, con un netto margine rispetto agli anni precedenti, e ha visto eventi meteorologici estremi diffondersi su scala globale. Una tendenza che trova riscontro anche nei primi mesi del 2024.
Al momento dell’adozione dell’Accordo di Parigi si prevedeva che le emissioni di gas serra sarebbero cresciute del 16% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2015. “L’aumento previsto è stato ridotto al 3%, a testimonianza di progressi, ma il divario delle emissioni per il 2030 resta significativo”, sottolinea lo studio che aggiunge: “per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C o dell’obiettivo più ambizioso di 1,5 °C, è necessario ridurre le emissioni del 28% e del 42% rispettivamente entro il 2030, rispetto a quanto previsto dalle attuali politiche”. Un obiettivo che però sembra difficile da raggiungere, viste le ultime tendenze. Le emissioni globali di gas serra hanno infatti registrato un aumento dell’1,2% tra il 2021 e il 2022, toccando la cifra record di 57,4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2eq). A preoccupare ci sono anche le concentrazioni atmosferiche di gas climalteranti come il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O) in continua ascesa.
In base alle attuali politiche e agli impegni che i Paesi hanno preso durante le Conferenze sul clima, impegni conosciuti come Nationally determined contributions (Ndc), il riscaldamento globale potrebbe toccare i 3 °C entro la fine del secolo. Anche realizzando lo scenario più ottimistico, cioè quello dove tutti gli Ndc vengono pienamente realizzati, United in science sostiene che ci sarebbe solo il 14% di possibilità per restare al di sotto di 1,5°C. Anzi, lo studio rivela che abbiamo una probabilità dell’80% di superare la soglia di 1,5°C già nei prossimi cinque anni. Tuttavia, attraverso una serie di azioni trasformative e d’impatto legate al clima, si potrebbe nel lungo termine riportare la situazione climatica all’interno della soglia di sicurezza posta dalla comunità scientifica proprio a 1,5°C. “Sia le misure di mitigazione sia quelle di adattamento sono ora più urgenti che mai. Tuttavia, un Paese su sei non ha ancora adottato un piano nazionale di adattamento al clima che cambia, e il divario finanziario rimane preoccupante. I finanziamenti pubblici internazionali per l’adattamento sono infatti in calo dal 2020, mettendo a rischio la capacità dei Paesi di prepararsi agli impatti futuri del cambiamento climatico”, si legge nello studio.
United in science: “sfruttare le tecnologie immersive”
Come è ormai noto, le risorse idriche e terrestri sono sotto crescente pressione a causa del cambiamento climatico e degli impatti socioeconomici, minacciando la sicurezza alimentare e idrica globale. Ma ci sono alcune tecnologie immersive come i “digital twin” (è la rappresentazione virtuale di un oggetto o di un sistema lungo tutto il suo ciclo di vita, che viene aggiornata attraverso dati in tempo reale e fa uso di simulazioni, apprendimento e ragionamento automatici al fine di agevolare il processo decisionale), la realtà virtuale e il metaverso che offrono nuove opportunità per la gestione integrata di acqua e territorio, introducendo soluzioni interattive e basate sui dati che collegano il mondo fisico con quello digitale. Si tratta di tecnologie che, per esempio, permettono di simulare eventi alluvionali o siccitosi, di prevedere i flussi idrici e l’accumulo d’acqua, e di monitorare lo stato di avanzamento del degrado del suolo. Grazie a queste simulazioni si possono così pianificare meglio le decisioni da prendere in maniera collettiva.
Tuttavia, anche in questo campo, permangono sfide significative: in primis la disponibilità e la qualità dei dati, oggi limitate, e poi la mancanza di accesso a finanziamenti sostenibili e la carenza del processo di governance su questi temi.
Spazio chiama Terra
Negli ultimi decenni, i progressi nelle tecnologie spaziali hanno trasformato il panorama delle osservazioni della Terra, offrendo nuove opportunità per migliorare le previsioni meteorologiche, quelle climatiche e il monitoraggio ambientale. Nonostante i tanti progressi compiuti in questo ambito ci sono ancora dei problemi da risolvere. Tra questi troviamo le lacune nella misurazione accurata di variabili oceaniche, climatiche, aerosol e idrologiche, così come una osservazione ancora insufficiente di alcune aree critiche per il clima, come la criosfera. Inoltre, l’accessibilità e la standardizzazione dei dati rappresentano un problema, in particolare per i paesi in via di sviluppo che spesso faticano a beneficiare pienamente di queste tecnologie.
L’Intelligenza artificiale sta rivoluzionando il meteo
I rapidi progressi nell’intelligenza artificiale e nell’apprendimento automatico “stanno trasformando il campo delle previsioni meteorologiche, rendendo il processo più veloce, economico e accessibile, anche per i Paesi con risorse limitate”. United in science specifica che siamo di fronte a tecnologie in grado di rendere le previsioni meteo più efficienti, un aspetto particolarmente utile per prevedere eventi meteorologici estremi, come i cicloni tropicali, e per comprendere meglio i fenomeni di lungo periodo che influenzano il clima, tra tutti El Niño e La Niña.
Approcci transdisciplinari e allerta precoce per futuri sostenibili
United in science individua infine altre due strade da seguire. La prima fa riferimento a un approccio che vada oltre la semplice integrazione di scienze naturali e sociali. “Per affrontare questi problemi complessi, è essenziale adottare un approccio transdisciplinare, che unisca diverse forme di conoscenza e coinvolga attori di settori ambientali, sociali e culturali in un processo di co-creazione delle soluzioni”. A differenza degli approcci convenzionali, quello transdisciplinare intende formulare soluzioni sulla base di misure individuate da scienziati, decisori politici, professionisti e rappresentanti della società civile (incluse le comunità locali e indigene).
La seconda strada punta invece sui sistemi di allerta precoce. È stato dimostrato che i Paesi con copertura limitata o moderata di questi sistemi hanno una mortalità legata ai disastri naturali di quasi sei volte maggiore rispetto a quelli con una copertura sostanziale o completa. Per coprire questa grave lacuna è nata l’iniziativa Early Warnings for All (Ew4All): obbiettivo è che entro il 2027 ogni persona sulla Terra sia protetta da eventi meteorologici, idrici e climatici pericolosi tramite sistemi di allerta precoce salvavita.
Una risposta
[…] un aumento medio della temperatura terrestre di 1,5°C già nei prossimi cinque anni”, come ricorda l’ultimo rapporto di United in science. Un evento che vanificherebbe una parte fondamentale dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi […]