Costi legati al cambiamento climatico, Stern: “è peggio di quanto pensassi”

Il cambiamento climatico è peggio di quanto pensassi“, arriva a 10 anni di distanza dalla stesura del suo famoso report questa dichiarazione dell’economista Nicholas Stern.
Nello Stern report del 2006, Stern analizzava le esternalità negative generate dal cambiamento climatico e i conseguenti costi sociali che la collettività è e sarà inevitabilmente costretta a pagare mettendo in chiaro un aspetto fondamentale: i danni economici causati dal cambiamento climatico potrebbero essere pari al 5-20% del PIL mondiale ogni anno, mentre la riduzione delle emissioni di carbonio costerebbe solo l’1% del PIL.
Dal 2006 la situazione climatica è addirittura peggiorata. Viviamo oggi un momento cruciale, momento in cui è necessario ripensare i nostri modelli economici di sviluppo e per farlo abbiamo a disposizione circa 20 anni, forse meno. Per contrastare l’aumento della temperatura, i Governi devono invertire la scellerata tendenza che mira allo sfruttamento degli ecosistemi perché non si può sfuggire alle leggi della fisica facendo un patto col pianeta” siamo stati troppo lenti ad agire sui cambiamenti climatici, abbiamo troppo ritardato il taglio delle emissioni, con il senno di poi mi rendo conto che avevo sottovalutato i rischi dei costi legati all’inazione (quelli stimati nel report 2006)”.
Eppure sembra che Stern non abbia perso del tutto la speranza: “finalmente si inizia a capire che fare le cose in modo alternativo è conveniente economicamente, anche per chi non aveva mai sentito parlare di cambiamento climatico” e “per ratificare Kyoto ci sono voluti 8 anni, per l’Accordo di Parigi 11 mesi, è un anno incoraggiante“.
Parigi, dove per l’occasione era stato consegnato a Ban Ki-Moon (Segretario generale dell’Onu ) il suo ultimo lavoro, la New Climate Economy quantomai attuale ora che è appena iniziata la COP 22 di Marrakech.
Commissionato alla “Global Commission on the Economy and Climate” da 7 Paesi (Colombia, Etiopia, Indonesia, Norvegia, Corea del sud, Svezia e Gran Bretagna), presieduto dall’ex presidente messicano Felipe Calderon e co-presieduto, appunto, da Stern, la New Climate Economy è uno studio che ha l’obiettivo di cogliere le opportunità globali in grado di trasformare l’economia, il mondo dell’energia e vincere la sfida climatica.
Attraverso la stesura di 10 linee d’azione (sintetizzate più in basso) traccia una strada che i governi dovrebbero seguire per contenere l’aumento della temperatura media globale all’interno dei 2°C.

Per una nuova “economia climatica“, sono in particolare due le trasformazioni da attuare: cambiare in modo strutturale le nostre aree urbane e  intensificare la crescita di un’economia a basso consumo di carbonio.
Adesso il 50% delle persone vive in aree urbane: arriveranno ad essere il 70% nel 2050 e nei prossimi due decenni vedremo la richiesta di energia crescere del 40%.
Pechino negli anni 80 era una città in cui ci si spostava in bicicletta, oggi invece risulta essere caotica e rischiosa. Rischiosa perché la sua area è inquinata, talmente irrespirabile da obbligare bambini ed anziani ad andare in giro con le mascherine. Non c’è dubbio che la crescita di Pechino abbia contribuito a togliere dalla situazione di povertà migliaia e migliaia di persone, ma a che prezzo?
Lo scenario futuro prevede un aumento delle dimensioni delle aree urbane e le città nel mondo sono già afflitte da problemi come l’inquinamento, il traffico, lo spreco. Dobbiamo gestire il cambiamento in modo diverso, dobbiamo pensare a come progettare le città in una maniera più compatta in modo da risparmiare tempo ed energia e dobbiamo pensare anche al rinnovo delle città già esistenti.
Ci sono nel mondo diversi esempi su come renderle maggiormente sostenibili e il trasporto rapido in bus realizzato a Bogotà, in Colombia, ne è uno. Bisogna poi investire nelle nostre città per renderle più pulite, tranquille, sicure, invitanti, produttive e promuovere il trasporto pubblico, il riciclo e il riuso: in questo modo avremo comunità più coese.
Se gestiamo ancora una volta tutto senza una visione, le prospettive per la vita e la sussistenza delle persone nel mondo saranno compromesse. Le concentrazioni di gas serra in atmosfera sono già oggi più alte di quanto non lo siano state per milioni di anni e continuare con questi ritmi modificherà completamente la nostra relazione con l’ambiente. Il cambiamento dei deserti, del corso dei fiumi, degli uragani, dei livelli del mare come oggi li conosciamo sono solo alcuni dei problemi. Di questo passo centinaia di milioni di persone, se non miliardi, saranno costrette a spostarsi e, se abbiamo imparato qualcosa dalla storia, ciò vuol dire aumento dei conflitti, delle guerre.

La domanda di energia negli ultimi 25 anni è aumentata di circa il 50% e l’80% proviene da combustibili fossili, investire fortemente nell’energia pulita e nell’efficientamento energetico è ormai una necessità. Sotto questo aspetto un buon esempio può essere la California che nel 2020 avrà portato le sue emissioni di gas serra ai livelli del 1990 pur raddoppiando, nello stesso periodo, la crescita economica.
L’India, invece, sta pianificando di acquisire tecnologia solare per illuminare le case di 400 milioni di persone (più della popolazione degli USA) ancora senza accesso al sistema elettrico. Questi tipi di cambiamento vanno imposti e nel modo più veloce possibile.

Fondamentali per il contrasto ai cambiamenti climatici sono poi le foreste. Nell’ultimo decennio, abbiamo perso un’area forestale pari alle dimensioni del Portogallo e un’area molto più ampia è stata degradata. Possiamo fare molto per questo problema, in Brasile il tasso di deforestazione è stato ridotto del 70% negli ultimi 10 anni coinvolgendo le comunità locali, investendo nella loro agricoltura e nelle loro economie, monitorando meglio la situazione e facendo rispettare maggiormente le leggi vigenti. Negli ultimi anni l’Etiopia è cresciuta rapidamente, punta ad un reddito medio e a diventare “impatto zero”. È un obiettivo ambizioso ma sta investendo in energia pulita e nella rigenerazione della sua terra, nel recupero del degrado attraverso un grosso progetto che prevede l’innesto di nuovi alberi sui terreni degradati insieme alle comunità locali per una gestione sostenibile forestale. Tutto ciò, ovviamente, avrà ricadute positive sul benessere delle persone e sulla qualità della vita.

Anche il capitolo tecnologia fornirà un grosso aiuto per velocizzare il processo sostenibile anzi, sarà fondamentale. La tecnologia sta cambiando rapidamente: auto elettriche, batterie costruite con nuovi materiali, l’esplosione del digitale… e altro ancora arriverà.

“Dobbiamo comprendere i rischi e cosa possiamo fare per evitare la catastrofe climatica. La trasformazione strutturale e quella climatica sono intrecciate tra loro, una non può fare a meno dell’altra e fare bene la prima, renderà molto più facile l’altra. Attraverso queste due trasformazioni possiamo rendere i prossimi 100 anni i migliori di sempre ma se non le gestiamo nel modo corretto, i prossimi 100 anni saranno i peggiori della storia dell’umanità”.

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New Climate Economy
Le linee guida per i governi, le istituzioni e i decisori di tutto il mondo

I lavori svolti in assoluta indipendenza e libertà, sono finalizzati a dare supporto in fase decisionale alla classe dirigente globale per il passaggio da un’economia fossile ad una a basso consumo di carbonio.

1 – Accelerare lo sviluppo di città a basse emissioni di CO2
Entro il 2020, tutte le città del mondo devono impegnarsi per uno sviluppo a bassa emissione di carbonio ed è auspicabile che le strategie siano attuate attraverso il coinvolgimento delle istituzioni locali.
Investimenti pubblici mirati alla diffusione di un trasporto “non motorizzato”, alla creazione di trasporti a basse emissioni, al potenziamento e all’efficientamento dei sistemi di gestione dei rifiuti alimentando il più possibile l’economia circolare e alla costruzione di centrali energetiche rinnovabili, sono le priorità da sviluppare per raggiungere questo obiettivo.
Città maggiormente compatte ed efficienti sono in grado di creare nuovi posti di lavoro, redistribuire il reddito e contrastare l’aumento della povertà in atto nelle metropoli. Ad un miglioramento prettamente economico va unito anche quello ambientale e con queste misure si avrebbe un miglioramento della qualità dell’aria insieme ad una diminuzione del traffico urbano facendo, di fatto, aumentare il benessere della collettività.
Modelli di urbanizzazione più resilienti sono particolarmente importanti per un mondo che vedrà la crescita del numero di abitanti delle metropoli nel prossimo futuro.
La condivisone di queste buone pratiche è fondamentale per canalizzare i flussi di finanziamento in modo da contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile, inoltre, la creazione di un fondo di 1 miliardo di $ per l’assistenza tecnica in modo da agevolare la trasformazione delle 500 città più grandi del mondo.
Complessivamente: solo con le azioni oggi disponibili, relative all’abbassamento delle emissioni di carbonio, si potrebbero risparmiare 16,6 miliardi di $ entro il 2050 e 3,7 Gt di CO2 entro il 2030.

2 – Ripristinare e proteggere il settore agricolo e forestale aumentando la produttività agricola
Governi, istituzioni, il mondo della finanza e il settore privato degli investimenti, dovrebbero lavorare insieme con l’obiettivo globale di arrestare la deforestazione e ripristinare quei 500 milioni di ettari di terreni agricoli, oggi in degrado, entro il 2030.
Sia le economie già sviluppate che quelle in via di sviluppo dovrebbero collaborare sui meccanismi di verifica e riduzione delle emissioni come il meccanismo REDD+ (Reduce Emissions from Deforestation and forest Degradation). 2016-10-20_213000
[In pratica, il REDD+ è un meccanismo volto ad incentivare le azioni di riduzione delle emissioni derivanti dall’uso sfrenato delle risorse forestali attraverso la gestione sostenibile e l’aumento delle riserve di carbonio forestali].
Il settore privato dovrebbe impegnarsi a diventare “deforestation free” attraverso l’impegno nell’uso razionale delle materie prime.
Si stima che arrestare la deforestazione e ripristinare 1/4 dei terreni agricoli degradati nel mondo possa aumentare la produttività agricola, la resilienza degli ecosistemi, rafforzare la sicurezza alimentare e migliorare le rese per le comunità che vivono nei paesi in via di sviluppo.
Iniziative come il REDD+, la dichiarazione di New York sulle foreste (firmata da numerose aziende, avente sempre come obiettivo l’uso sostenibile forestale), consentono una riduzione dei gas serra.
L’uso sostenibile del suolo potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di gas serra annue che va dai 3,3 ai 9,0 Gt di CO2.

3 – Investire almeno 1000 miliardi di $ l’anno nelle energie pulite
Per abbattere i costi di finanziamento dell’energia rinnovabile e canalizzare i flussi degli investimenti privati, i governi dovrebbero aumentare la loro collaborazione con il settore privato e le banche in modo da raggiungere progressivamente l’obiettivo di 1000 miliardi di $ l’anno da destinare alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica entro il 2030.
La crescita globale deve essere guidata dalla crescita delle fonti energetiche a basse emissioni di carbonio. Attualmente 1,3 miliardi di persone non hanno accesso al sistema elettrico e 2,7 miliardi non dispongono delle moderne attrezzature per cucinare. Aumentare il finanziamento internazionale per l’accesso all’energia pulita è una priorità assoluta.
Per quanto riguarda la finanza, la cooperazione internazionale deve rendere più sicura la gestione del rischio per i progetti energetici rinnovabili, in particolare, è auspicabile la riduzione del costo del capitale per gli investimenti green, in modo da aumentare il lato dell’offerta.
È necessario uno spostamento degli investimenti dal settore fossile a quello rinnovabile, ciò deve essere attuato a partire dalle economia sviluppate ed emergenti.
L’aumento dei finanziamenti per il settore rinnovabile di almeno 1000 miliardi di $ l’anno potrebbe ridurre le emissioni annue tra 5,5 e 7,5 Gt di CO2 entro il 2030.

4 – Alzare gli standard globali relativi all’efficienza energetica
Il G20 dovrebbe mettersi d’accordo con altri Paesi per l’introduzione di nuovi standard nei settori chiave dell’efficienza energetica entro il 2025. La cooperazione deve mirare ad aumentare gli standard di efficienza energetica per gli elettrodomestici, l’illuminazione, i veicoli, gli edifici e le attrezzature industriali. Inoltre, il G20 deve collaborare con le organizzazioni già esistenti come l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) e il Partenariato per la cooperazione sull’efficienza energetica (IPEEC) in modo da aumentare gli investimenti nel settore dell’efficienza energetica che, con un investimento pari a 18 mila miliardi di $ entro il 2030, alimenterebbe la crescita economica mondiale da 0,25 all’ 1,1% l’anno.
Con il miglioramento degli standard globali si potrebbero ridurre le emissioni annue di gas serra da 4,5 a 6,9 Gt CO2 entro il 2030.

5 – Implementare l’efficacia del carbon pricing
Tutte le economie sviluppate e quelle emergenti, devono impegnarsi nel rendere maggiormente efficace il meccanismo del carbon pricing entro il 2020 diminuendo in modo progressivo e costante i sussidi oggi destinati ai combustibili fossili.
Parte delle entrate fiscali derivanti dal prezzo del carbonio, che ha come principale obiettivo quello di ripagare i costi sociali generati dalle emissioni di CO2, possono anche essere utilizzate per sostenere le famiglie a basso reddito, per la riduzione delle tasse e per altri obiettivi come la redistribuzione della ricchezza e il finanziamento delle spese sanitarie generate dall’inquinamento.
Attualmente, si stima che solo il 12% dei danni all’ambiente e alla salute provocati dalle emissioni globali siano coperti con questo strumento ma, fortunatamente, sono sempre di più le aziende che chiedono un rafforzamento del sistema così da guidare le proprie scelte strategiche.
Il G20 con la banca mondiale, il fondo monetario internazionale (FMI) e la cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE) devono contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici promuovendo politiche di trasparenza e conoscenza del meccanismo del carbon pricing.

6 – Garantire infrastrutture resilienti “climate-smart”
È nei piani infrastrutturali nazionali che deve essere inserito il rischio climatico.
È desiderabile un piano climatico in cui vengano inserite le guide strategiche per investimenti pubblici e privati.
Entro il 2030 bisogna investire, a livello globale, circa 90 mila miliardi $ nelle infrastrutture.
L’investimento in infrastrutture maggiormente resilienti, adattate al cambiamento climatico in atto deve essere una priorità per i grandi Paesi del mondo.
Con l’integrazione degli obiettivi climatici all’interno dei piani infrastrutturali ci sarà una forte diminuzione delle emissioni di gas climalteranti.
Ruolo determinante sarà svolto dalle banche: la finanza internazionale dovrà finanziare soprattutto progetti in cui saranno inseriti obiettivi di sviluppo sostenibile e di contrasto ai cambiamenti climatici.

7 – Potenziare il settore della ricerca
Economie sviluppate ed emergenti dovrebbero lavorare insieme con il settore privato in modo da accelerare e potenziare la ricerca per lo sviluppo sostenibile, quindi, per quei settori tecnologici che sono fondamentali per limitare le crescita delle emissioni gas serra.
Attualmente l’investimento globale nella ricerca e nello sviluppo è troppo basso per raggiungere l’obiettivo di lungo termine di riduzione delle emissioni, le economie maggiori dovrebbero almeno tripicarlo.
È necessaria la collaborazione internazionale, in questo modo possono essere razionalizzati, ridotti e condivisi i costi.
I settori prioritari per abbassare le emissioni di CO2 e in cui condividere la conoscenza e implementare la ricerca sono il settore agricolo e quello energetico.
La ricerca può favorire soluzioni globali e di lungo termine vitali per il mitigamento del cambiamento climatico. Soluzioni nei settori della bioenergia, dello stoccaggio del carbonio, dell’abbassamento dell’intensità di carbonio (ad esempio negli edifici), nei settori del trasporto e delle reti elettriche sono fondamentali.

8 – Guidare le basse emissioni di carbonio con imprese e investitori
Tutte le grosse imprese dovrebbero dotarsi di obiettivi di riduzione delle emissioni di breve e lungo termine attraverso piani di azione coerenti alle politiche globali di decarbonizzazione.
Le autorità di regolamentazione dovrebbero incoraggiare il settore finanziario e gli azionisti ad includere i fattori ambientali all’interno dei loro processi decisionali e dei loro modelli di business.
Le aziende sono in un business che vale più di 5500 miliardi di $ di risparmi per quanto riguarda il taglio delle emissioni e molte aziende stanno già migliorando la redditività proprio incidendo su quei costi.
Il rischio climatico deve essere inserito nell’analisi e nelle strategie degli investitori e le aziende dovrebbero lavorare al fianco di governi, sindacati e gli altri stakeholder al fine di garantire una giusta ed equa transizione verso un’economia a basso impatto ambientale, sostenendo la creazione di lavoro e lo sviluppo di nuove competenze.

9 – Aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni del trasporto marittimo e aereo
In linea con un percorso che consenta di mantenere l’aumento medio globale delle temperature entro i 2°C, bisogna aumentare l’efficienza dei consumi di carburante nei settori del trasporto marittimo e del trasporto aereo.
Pur offrendo efficaci e convenienti possibilità di un uso più razionale dei carburanti, oggi questi settori producono circa il 5% delle emissioni globali di CO2 e si prevede che, entro il 2050, la quota salirà al 10%, nel migliore degli scenari e, al 32% nel peggiore.
Attraverso due nuovi standard introdotti dall’IMO, l’organizzazione internazionale marittima, si stima che siano previsti risparmi pari a 200 miliardi di $ in carburante entro il 2030.
Invece, con la condivisione dei dati e l’attuazione di un obiettivo globale da parte dell’IMO, si stima che possono essere risparmiate ulteriori emissioni annue di gas serra: tra lo 0,6 e lo 0,9 Gt entro il 2030.
L’ICAO, l’organizzazione per l’aviazione civile internazionale, afferma che possono essere tagliate le emissioni con l’introduzione di nuovi standard, maggiormente efficienti, all’interno del settore.

10 – Ridurre l’uso degli HFC (idrofluorocarburi)
Il protocollo di Montreal dovrebbe approvare un emendamento per eliminare progressivamente l’uso di HFC. Gli HFC sono utilizzati come refrigeranti, solventi, nelle schiume isolanti e in quelle per gli incendi e l’utilizzo cresce ad un tasso pari al 10-15% annuo.
Dovrebbero essere sostituiti con prodotti più green e quindi meno impattanti sul clima.
Inserendo gli HFC nel protocollo di Montreal si potrebbero evitare emissioni di CO2 tra 1,1 e 1,7 Gt ed evitare emissioni di altri tipi di gas climalteranti entro il 2030.

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“L’attuazione di queste linee guida prevede grossi investimenti e per riuscire nell’intento di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C occorre una forte cooperazione internazionale.
La commissione sollecita i Governi a cogliere gli obiettivi di trasformazione verso un’economia a bassa intensità di carbonio ma per farlo è necessaria una leadership sicura, forte e decisa nelle strategie da attuare.
Non si può fallire l’obiettivo, il premio è immenso: un futuro più sicuro, sostenibile e prospero è alla nostra portata”.

Qui il link per il report completo.

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