Giustizia climatica: il 18 febbraio la Cassazione deciderà sul caso Eni

Giustizia climatica in Italia: il 18 febbraio 2025 potrebbe essere ricordato come un giorno storico. In questa data la Corte di Cassazione stabilirà se, anche in Italia, è possibile avviare una causa climatica per accertare le responsabilità di istituzioni e grandi aziende, come quelle fossili, negli effetti del riscaldamento globale, tra cui eventi estremi come alluvioni e siccità. L’esito della sentenza si conoscerà nei giorni successivi.
Il 18 febbraio è, al momento, l’ultimo appuntamento di un’azione legale che ha visto Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadini e cittadine – qui per maggiori dettagli – intentare una causa civile contro l’Eni, e contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti che detengono il controllo del “cane a sei zampe”.
Nel corso degli ultimi mesi questa azione legale è stata ostacolata dalla contestazione di Eni e delle altre parti citate, che hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Per questo motivo Greenpeace, ReCommon e i cittadini aderenti a “La Giusta Causa” hanno chiesto alla Cassazione di esprimersi definitivamente sulla possibilità di avviare simili procedimenti in Italia. La decisione del 18 febbraio avrà un impatto determinante non solo sulla causa in corso, ma anche su eventuali future azioni legali per la tutela del clima e dei diritti umani connessi, già riconosciuti dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Se la Cassazione si pronuncerà a favore della possibilità di intentare cause climatiche, il Tribunale di Roma dovrà accertare i danni e le violazioni dei diritti fondamentali alla vita, alla salute e a un ambiente salubre.
In sostanza, Greenpeace e ReCommon chiedono che Eni sia obbligata a rivedere la propria strategia industriale per ridurre le emissioni del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, in linea con l’obiettivo di contenere l’aumento medio della temperatura terrestre entro 1,5°C. Inoltre, gli attori della causa chiedono al Ministero dell’Economia e delle Finanze di definire una politica climatica che porti l’Eni a rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi.
L’esito della decisione potrebbe dunque ridefinire il ruolo delle aziende energetiche e dello Stato nella lotta alla crisi climatica, aprendo la strada a nuove azioni legali per la giustizia ambientale, economica e sociale. Anche nel rispetto della modifica costituzionale del 2022 che ha introdotto tra i Principi fondamentali all’articolo 9 “la tutela di ambiente, biodiversità ed ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni”, mentre all’articolo 41 viene sancito che “l’iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l’utilità o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.