Da Trump dazi per non tassare i ricchi

Nel 2024 gli Stati Uniti hanno registrato un deficit delle partite correnti di 1,1 mila miliardi di dollari. Questo disavanzo non è colpa della Cina, del Messico, dell’Europa o di accordi commerciali sfavorevoli, ma è il risultato di una realtà economica semplice. I numeri parlano chiaro: il paese ha esportato beni e servizi per 4,8 mila miliardi di dollari, ma ne ha importati per 5,9 mila miliardi.
Questo deficit commerciale è solo una parte di un problema più ampio: la spesa totale degli Stati Uniti nel 2024 – che include l’importazione di beni e servizi (i 5,9 mila miliardi) – ha raggiunto i 30,1 mila miliardi di dollari, mentre il reddito nazionale è stato di 29 mila miliardi. La differenza tra queste due cifre rappresenta il vero nodo della questione: gli Stati Uniti stanno spendendo più di quanto guadagnano complessivamente, in sostanza vivono al di sopra delle proprie possibilità.
Il deficit commerciale non è altro che una manifestazione del più grande squilibrio tra entrate e uscite del paese. Invece di continuare a colmare il deficit con prestiti esteri, una risposta ancorata alla realtà sarebbe aumentare la tassazione sui redditi più alti. Maggiori tasse sui redditi alti significa maggiori entrate per lo Stato e minore necessità di indebitamento. Inoltre, una tassazione più alta potrebbe limitare il consumo di prodotti di fascia alta provenienti dall’estero, contribuendo a riequilibrare la bilancia commerciale.
In un periodo di crescente disuguaglianza, la scelta non è solo economica, ma anche politica e morale: chi beneficia di più e in modo nettamente sproporzionato dall’attuale sistema – e ricordo che negli USA l’1% della popolazione detiene il 30% della ricchezza del Paese – deve contribuire maggiormente alla sua sostenibilità. Non mi pare un concetto così difficile da capire.
In un mondo sempre più polarizzato, dove regna l’individuazione del cattivone di turno, l’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump è un ulteriore modo per farla pagare, in tutti i sensi, sempre agli stessi.