Laudate Deum: uscire subito dai combustibili fossili
In un mondo alla ricerca di conforto e soluzioni alla crisi climatica, la nuova esortazione apostolica di Papa Francesco, la “Laudate Deum”, vuole essere una guida per accelerare sulle politiche di transizione mettendo al bando qualsiasi forma di energia proveniente dal settore dei combustibili fossili. Proprio la lettera, che abbraccia i principi della Laudato Si’ calandoli nella vita quotidiana di ognuno di noi, è stata al centro di un dialogo del 4 ottobre ospitato online tramite le piattaforme Youtube e Zoom e organizzato dal Movimento Laudato Sì.
A inizio evento la moderatrice del Movimento, Lindlym Moma, ha introdotto Johan Rockström, direttore del Potsdam institute for climate impact research. Lo scienziato, famoso per le sue ricerche sui limiti planetari, dopo aver spiegato perché è importante non fallire l’obiettivo di 1,5°C (inteso come aumento medio della temperatura terrestre rispetto al periodo preindustriale) dell’Accordo di Parigi si è soffermato sul tema del negazionismo e su come comportarsi su chi mina la verità scientifiche.
“Come Papa Francesco affrontiamo anche noi i problemi del negazionismo, ma la cosa non mi preoccupa molto perché la crisi climatica è supportata da moltissime evidenze scientifiche – ha detto Rockström -. All’interno della società esistono sempre individui che mettono in discussione verità e fatti concreti, basti vedere a cosa è successo con i vaccini. Vista la situazione, direi che non abbiamo tempo da dedicare a questi gruppi, meglio concentrarci sui fatti. Una delle ragioni di queste negazioni è forse dovuta al fatto che stiamo realmente cercando di attuare una transizione lontana dai combustibili fossili. La storia ci insegna che si generano contrasti da chi invece cerca di mantenere lo status quo. Ma il rumore di chi nega va utilizzato come uno sprono per costruire un futuro sostenibile per l’umanità”.
Rockström ha poi ammesso che anche la comunità scientifica ha commesso degli errori in passato, “per esempio abbiamo creato una dicotomia tra problemi ambientali e sociali mentre oggi sappiamo che vanno di pari passo, basti vedere i flussi migratori, tra l’altro c’è anche una chiara corrispondenza tra chi nega la crisi climatica e chi si oppone a gestire il fenomeno migratorio”, e ha ricordato che la strada della transizione è la scelta giusta anche da un punto di vista economico: “la transizione alle rinnovabili è molto più conveniente farla che non farla dato che oggi il settore è molto più conveniente delle fonti fossili. Dobbiamo riformulare la crisi che stiamo vivendo e adottare tutte le soluzioni possibili, ampliandole anche a livello internazionale”.
Siamo alle porte di un importante appuntamento climatico sulla scena internazionale. Sulla Cop 28, che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre – qui per un articolo su cosa è successo nell’appuntamento precedente di Bonn -, si è focalizzato l’intervento di Tzeporah Berman, fondatrice del “Fossil fuel treaty”: “Abbiamo già assistito a 27 vertici sul clima. L’industria in generale ha fatto progressi, però quella dei combustibili fossili no. Se pensiamo all’Accordo di Parigi dobbiamo constatare che non viene mai menzionata l’uscita dai combustibili fossili, anzi l’industria fossile in questi anni è continuata a crescere e tutt’ora pianifica nuovi progetti. Per questo abbiamo ideato il Fossil fuel treaty, un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili che intende essere una proposta di collaborazione internazionale per limitare la produzione di petrolio, gas e carbone in linea con obiettivi climatici. Penso che la Cop 28 debba essere un tavolo significativo su questo, spero che si riuscirà ad aggiungere questo pezzo mancante alle negoziazioni. Serve un impegno di dismissioni dal settore chiaro. La Laudate Deum ci ricorda che ancora oggi l’80% dell’energia mondiale proviene dai fossili. Dobbiamo opporci anche noi, non solo consumatori ma come persone che votano, come elementi della società che si organizzano e si rivolgono a chi è responsabile delle decisioni politiche”.
All’evento ha preso parte anche l’attivista climatica, Ridhima Pandey, che prima ha evidenziato il ruolo della Laudate Deum sostenendo che si tratta di un documento che “significa molto per l’azione degli attivisti”, e poi ha affermato che Papa Francesco “sente fortemente che questa crisi impatta in tutto il mondo, ed è importante anche che sottolinei che si tratti di una crisi. Lo dice la scienza, è il momento di agire altrimenti non ci sarà futuro vivibile per l’umanità. Rispettiamo il clima e la biodiversità finché siamo su questo Pianeta. Ricevo spesso obiezioni sul nostro modo di agire ma cerchiamo semplicemente di fare il nostro meglio per far comprendere alle persone la realtà. Io sono indiana e le alluvioni nel mio Paese sono state devastanti. So bene che posso anche morire per la situazione climatica. Solo unendo le forze e agendo insieme possiamo ottenere il tanto sperato cambiamento”.
Il dibattito è proseguito ribadendo ancora una volta la necessità di mettere fine all’era dei combustibili fossili, anche eliminando la produzione esistente, e sostenendo che bisogna risarcire chi ha subito i danni dell’inquinamento.
“Il segretario generale dell’Onu, Guterres, ha parlato di un mondo pieno di ferite inferte dalla crisi climatica, che acuiscono sofferenze e povertà”, ha detto Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, indicando la strada che deve seguire il mondo ecclesiastico: “Dio ci dice scegliete la vita e la Laudate Deum fa lo stesso. È la parola della chiesa rivolta a tutto il mondo. Dobbiamo guarire le ferite del mondo attraverso una chiesa che parli di speranza, di trasformazione e di futuro. Chi nega è presente purtroppo anche nella chiesa, è importante riconoscerlo, e questo nonostante la Laudato Si’ del 2015 che sottolinea che la trasformazione in chiave ecologica deve essere alla base della nostra azione morale. Invito tutti i membri della chiesa a leggere e studiare i documenti di Papa Francesco, anche per ridurre l’impatto ambientale della propria parrocchia. Certo, noi non siamo una monarchia dove c’è un Papa che impartisce ordini, ma ognuno deve sentire il bisogno di riflettere su come agire, ricordando che ogni piccolo sforzo aiuta”.
La sessione di lavori è stata inoltre intervallata da una serie di videomessaggi. Cristina Figueres, ex segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, ha per esempio evidenziato che “la nuova esortazione del santo Padre ci ricorda le nostre responsabilità nell’usare i tre linguaggi umani: testa, cuore e mani. Dobbiamo essere ottimi guardiani della nostra casa comune per il benessere di tutti per tutte le generazioni presenti e future”; Bill McKibben, scrittore, giornalista e ambientalista, ha definito la Laudato Si’ “uno dei punti di riferimento per la lotta climatica. Ha contribuito a centrare l’attenzione sull’universalità di una crisi che incorpora tutte le problematiche”; infine Daniel P. Horan, professore di filosofia, studi religiosi e teologia e direttore del Centro di spiritualità al Saint Mary’s College, ha detto che il Papa “ci invita a considerare la Laudate Deum un’aggiunta alla Laudato” e che San Francesco – non a caso l’evento è stato il 4 ottobre – aveva “riconosciuto la relazione tra uomo e creato, capendo la necessità di chiamare tutte le creature come fratelli e sorelle. Il santo aveva infatti compreso il suo ruolo all’interno di una comunità inter-relazionata. Dobbiamo smettere di pensare a noi stessi come autonomi, dobbiamo pensarci in maniera più umile, non siamo capi ma parte di una famiglia. Tutti gli elementi del cosmo sono in perfetta assonanza con Dio, siamo noi esseri umani in dissonanza, stiamo cantando una canzone antropocentrica. Serve una canzone d’amore dedicata al creato”.