Agricoltura: come renderla compatibile con la biodiversità
Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) il futuro della biodiversità globale è strettamente connesso alle pratiche agricole. L’agricoltura occupa attualmente il 37% delle terre emerse, un’estensione che rappresenta un nodo cruciale sia per la conservazione della natura sia per l’economia alimentare mondiale.
Il rapporto “Agriculture and conservation”, pubblicato il 9 ottobre, esplora in che modo le coltivazioni e gli allevamenti minacciano la biodiversità, ma anche come possono proteggerla attraverso pratiche di sostenibilità.
Dai dati Iucn emerge che il 34% delle specie è oggi in pericolo a causa dell’espansione agricola. La perdita di habitat, dovuta alla conversione di foreste e praterie in terreni coltivati, rappresenta la causa principale di estinzione, aggravata dall’uso non sostenibile delle risorse idriche, dall’introduzione di specie aliene e dall’inquinamento agrochimico.
La rete Iucn, composta da circa 200 governi e 1200 organizzazioni, coinvolge esperte ed esperti e Ong locali. Obiettivo è favorire uno scambio continuo di conoscenze e approcci per affrontare le sfide legate all’agricoltura.
I benefici di un nuovo approccio all’agricoltura
Per garantire la produzione del settore agricolo e l’attività di conservazione, il Rapporto propone un “riallineamento” che non sacrifichi la produzione alimentare o i benefici economici. In sostanza occorre ridisegnare incentivi e regolamenti, come i pagamenti per i servizi ecosistemici, uno strumento utile a indirizzare gli sforzi agricoli verso pratiche che rispettino la natura.
L’Iucn sottolinea, inoltre, che le misure a favore della biodiversità sono in grado di garantire significativi benefici economici, basti pensare che potrebbero generare un incremento annuo del Pil globale di almeno 150 miliardi di dollari. D’altro canto, proseguire con modelli agricoli attuali potrebbe comportare costi annui superiori ai 100 miliardi di dollari a causa di danni ambientali irreversibili.
“Il dibattito su come bilanciare agricoltura e conservazione è complicato, sfumato e spesso specifico per ogni Paese. In alcuni casi, proteggere la terra dall’agricoltura è la politica migliore, mentre in altri è quella di rendere i terreni agricoli in armonia con la fauna selvatica. Ma ciò che sappiamo è che i governi spesso supportano sistemi di produzione agricola che possono essere dannosi per specie e habitat. La politica agricola dovrebbe essere riadattata con lo scopo di incentivare la conservazione e la gestione sostenibile della natura. Un’attività che giova alla biodiversità, alla produzione alimentare, al clima e agli obiettivi di carattere economico“, ha affermato il vicedirettore generale dell’Iucn, Stewart Maginnis.
Altro elemento critico è il sostegno in termini finanziari che i governi indirizzano verso pratiche agricole nocive alla natura. Troppo spesso, come evidenzia il Rapporto, i finanziamenti supportano attività dannose per la biodiversità e gli habitat, per questo occorre reindirizzare gli incentivi verso tecniche agricole sostenibili capaci di donare benefici multipli all’ambiente e all’economia.
Il Rapporto dell’Iucn, tenendo conto dei dati basati sulla Lista rossa delle specie a rischio estinzione, per la prima volta rivela che il cambiamento delle pratiche agricole negli ultimi tre decenni ha portato a un aumento dell’1% del rischio di estinzione e che oltre il 45% delle opportunità globali di ridurre il rischio di estinzione delle specie passa dal modo in cui viene implementata l’agricoltura.
Il documento presenta, infine, anche 15 casi di studio da Paesi come Vietnam, Etiopia e Arabia Saudita, che dimostrano come le soluzioni basate sulla natura possano migliorare l’equilibrio tra conservazione ambientale e produzione agricola.