La libertà di stampa in Italia è un miraggio: le analisi sul tema

libertà di stampa in Italia

 

Sulla scia dell’attentato alla redazione di Report, simboleggiata dal volto di Sigfrido Ranucci a cui va tutta la mia solidarietà, ho raccolto qualche analisi sulla libertà di stampa in Italia. Mentre lo facevo, ho avuto modo di ascoltare l’intervento della premier Giorgia Meloni in Parlamento in cui sosteneva che durante il suo mandato la libertà di stampa in Italia è migliorata, citando la classifica annuale stilata dall’ONG Reporters Sans Frontières (RSF). La realtà, però, racconta una storia diversa. È vero che secondo l’indice RSF del 2022 (riferito al 2021) l’Italia si trovava alla 58ª posizione con un punteggio di 68,16. Ed è altrettanto vero che nel 2025 (dato riferito al 2024) il Paese occupa la 49ª posizione: ma con un punteggio  più basso, pari a 68,01. In sostanza, l’Italia durante i primi tre anni del governo Meloni è risalita di posizione non perché sia migliorata la qualità dell’informazione ma perché in molti altri Paesi la libertà di stampa è peggiorata più rapidamente. Di seguito, i risultati delle più importanti analisi fatte sul tema della libertà di stampa. Libertà che sa tanto di miraggio.

Indice RSF 2025: l’Italia scivola al 49° posto nel mondo

Nel 2025 la libertà di stampa in Italia resta un diritto vulnerabile. Secondo il World Press Freedom Index di Reporters Sans Frontières, il Paese scivola al 49° posto su 180, perdendo otto posizioni rispetto al 2024. Un calo che riflette pressioni politiche e giudiziarie, ma anche l’influenza crescente degli interessi economici sull’informazione.
Ranking internazionale: RSF 2025 posiziona l’Italia 49esima (68,01 punti), dietro a Spagna (23esima, 77,35), Francia (25esima, 76,62) e Germania (11esima, 83,85).

Minacce e intimidazioni: oltre 500 episodi nel 2024, 20 giornalisti sotto scorta

Nel 2024 l’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione ha registrato 516 episodi di minacce o intimidazioni ai giornalisti, di cui il 27% legati a cause legali pretestuose. Dal 2006 i casi censiti superano le 7500 unità. Almeno 20 cronisti lavorano oggi sotto scorta. Le aggressioni fisiche e verbali si concentrano soprattutto in Lazio, Campania e Sicilia, ma il fenomeno è nazionale. Molti reporter denunciano un clima di paura e precarietà che alimenta l’autocensura, soprattutto nelle inchieste su ambiente, criminalità economica e potere politico. In pratica, l’Italia resta il paese europeo con più giornalisti minacciati. Molte intimidazioni sono di carattere verbale o scritto (post offensivi, insulti), mentre il 22% sono querele temerarie dette “SLAPP” (Strategic Lawsuit Against Public Participation) e intentate soprattutto da politici e pubblica amministrazione.

Concentrazione dei media: quattro gruppi controllano l’80% del mercato

A indebolire ulteriormente il pluralismo c’è la struttura proprietaria del sistema mediatico. Secondo l’AgCom e l’Osservatorio Mediobanca 2024, quattro gruppi – GEDI, RCS, Cairo Communication e Mediaset – controllano oltre l’80% della stampa nazionale e il 70% del mercato televisivo pubblicitario. Senza dimenticare che un senatore, Antonio Angelucci (Lega), è attualmente editore de Il Giornale, Libero e il Tempo.

Pubblicità e conflitti d’interesse: l’influenza economica sull’informazione

La dipendenza economica dalla pubblicità limita l’autonomia editoriale: più del 60% degli introiti dei principali quotidiani proviene da grandi imprese energetiche, bancarie e assicurative. Tra queste spicca ENI, tra i primi tre inserzionisti del Paese. Un peso che, secondo Articolo 21 e RSF, genera un potenziale conflitto d’interessi nella copertura dei temi legati alla transizione ecologica e all’industria fossile. L’effetto è sottile ma potente: riduzione del giornalismo investigativo, preferenza per comunicati aziendali e un racconto dell’energia più pubblicitario che critico.

SLAPP e querele: il caso ENI contro ReCommon e Greenpeace

In Italia le cosiddette SLAPP (“querele temerarie”) rappresentano una seria minaccia alla libertà di stampa. Sono azioni legali infondate o sproporzionate intentate per intimidire giornalisti che indagano su questioni di interesse pubblico. Secondo il consorzio europeo CASE, l’Italia detiene il record europeo di SLAPP: 26 casi segnalati nel 2023, pari a un quarto di tutti i casi nell’UE. Tra il 2010 e il 2023 i principali bersagli sono stati giornalisti e reporter, spesso presi di mira da imprenditori e politici (oltre il 45% e il 35% dei casi nel 2023 rispettivamente). Queste querele, spesso per diffamazione, vengono usate strumentalmente per esaurire le risorse e demoralizzare le voci critiche, generando effetto di autocensura tra gli investigatori.
La vicenda giudiziaria tra ENI e le ONG ReCommon e Greenpeace Italia rappresenta il paradigma delle nuove minacce alla libertà di stampa e di espressione. La compagnia aveva citato in giudizio le organizzazioni per diffamazione, accusandole di aver danneggiato la sua reputazione con accuse di greenwashing. Inoltre, ENI nel 2024 ha denunciato Antonio Tricarico (ReCommon) per un’intervista rilasciata a Report.
Negli ultimi tre anni, dal 2022 al 2024, l’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione ha rilevato e accertato in Italia 132 episodi di intimidazione a danno di 290 giornalisti, blogger, difensori dei diritti umani, opinionisti. Tutti episodi che si possono considerare SLAPP.

Direttiva europea anti-SLAPP 2024 e mancato recepimento in Italia

Nel 2024 l’Unione europea ha approvato la Direttiva (UE) 2024/1069, un “pacchetto anti-SLAPP” che introduce tutele a livello europeo contro le querele temerarie. La direttiva stabilisce strumenti mirati per proteggere chi svolge attività di interesse pubblico (giornalisti, attivisti, ONG), per esempio:

  • Rigetto rapido delle cause infondate: procedure accelerare per bocciare in via preliminare azioni legali manifestamente abusive.
  • Risarcimenti e spese legali: rimborso integrale delle spese giudiziarie sostenute dal giornalista e risarcimento per i danni subiti.
  • Formazione e prevenzione: corsi dedicati per giudici e operatori del diritto sulle SLAPP, e tutela rafforzata dei cronisti (specialmente investigativi) vittime di molestie legali.

L’Italia non ha ancora recepito la direttiva. Le motivazioni del ritardo non sono mai state chiaramente spiegate dal governo. Tuttavia, il mancato recepimento comporta gravi conseguenze: si rischiano procedure d’infrazione da Bruxelles e un isolamento politico-diplomatico. L’ulteriore ritardo nel dotarsi di una legge nazionale anti-SLAPP mantiene un “vuoto normativo” che invita abusi e percezioni di assenza di tutela della libertà di espressione.

RSF: “Situazione sempre più preoccupante” per la libertà di stampa in Italia

Nel complesso, RSF segnala una situazione “sempre più preoccupante” per i giornalisti italiani: le libertà di stampa “continuano a essere minacciate da organizzazioni mafiose, gruppi estremisti violenti e da nuove forme di censura istituzionalizzata”, come la legge che vieta la pubblicazione di ordinanze di custodia cautelare (la cosiddetta “legge bavaglio”).

Rai e interferenze politiche

Anche il servizio pubblico radiotelevisivo RAI mostra segnali di ingerenza politica e calo d’indipendenza. Il contratto di nomina del CdA Rai (legge Renzi 2016) affida infatti 6 consiglieri su 7 alla maggioranza di governo, rendendo la governance strettamente dipendente dai partiti. I critici sottolineano che tale meccanismo viola lo spirito dell’European Media Freedom Act (EMFA) che richiede autonomia per il media pubblico. In pratica, un CdA scelto in gran parte dalla politica espone la RAI a “pressioni dirette sulla governance e sull’indipendenza editoriale”.
Nel rapporto 2024 di Freedom House, il servizio pubblico radiotelevisivo viene indicato tra le aree dove permangono “preoccupazioni significative” per l’indipendenza editoriale. L’organizzazione segnala pressioni politiche costanti sulla direzione e sui contenuti dei programmi di informazione, con effetti sulla pluralità delle voci rappresentate.
A livello europeo, il commissario UE Thierry Breton ha più volte richiamato l’Italia alla necessità di garantire “una reale indipendenza dei media pubblici” nel rispetto del Media Freedom Act proposto da Bruxelles.
Secondo Reporters Sans Frontières, la situazione della Rai riflette un problema sistemico: la politicizzazione della gestione dei media pubblici, che incide sulla credibilità dell’informazione e contribuisce al calo dell’Italia nel World Press Freedom Index 2025.


Fonti: Dati e analisi sono tratti da Reporters Sans Frontières, Freedom House, MFRR/ECPMF ecc. Si vedano, per esempio, i rapporti RSF (2025) rsf.org, Freedom House (2025) freedomhouse.org, oltre alle inchieste di Professione Reporter professionereporter.eu e alle denunce delle organizzazioni di giornalisti odg.mi.it.

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