L’inizio del 2018? (mai) na gioia!

Niente male l’inizio di anno sul fronte ambientale. Ok, anche nel 2017 avevamo chiuso con un ottimo +2% di emissioni gas serra rispetto al 2016 – dopo qualche anno di semplice e noiosissima stabilità – che faceva ben sperare: restare sotto la soglia dei 4 gradi è finalmente possibile! Insomma, un Parigi moltiplicato per 2, alla fine accettabile. Cosa sarà mai la minore disponibilità di acqua, la crescita esponenziale delle migrazioni, lo scoppio di nuove e il potenziamento di vecchie guerre, economie locali che cadono sotto i colpi di aziende agroalimentari fallite per via del climate change, la diffusione di malattie, disuguaglianze che s’impennano…
Ma torniamo ai giorni nostri. Da un angolo all’altro del globo (tanto per dare ragione alla spigolosa teoria dei terrapiattisti) arrivano diverse “rassicuranti” notizie.

Dal lato opposto dell’Atlantico è, ovviamente, il simpatico Donald Trump a farla da padrone che, oltre a definire un giorno si e l’altro pure “un cesso” 180/190 Paesi del mondo (ma i bookmakers ci dicono che la quota è destinata a salire), ha pensato bene di puntare sull’innovazione, quella bella: “più trivelle per tutti“. Si, perché ormai il supersayian a stelle e strisce (nell’immagine), s’è messo bene in testa (no, non parlo di pallida paglia) di smantellare quelle 4 leggi a tutela del benessere collettivo – dove collettivo sta per americano, globale, mondiale, di tutti… – messe difficilmente in piedi dal suo predecessore (che, comunque, va sempre ringraziato per aver così ben designato e disegnato la sua successione).
Pensiero fisso del presidente americano dai tempi del suo insediamento alla Casa Bianca, Trump ha potuto finalmente diffondere le sue strategie di esplorazione offshore per i prossimi 5 anni. Risultato? 9 concessioni al largo dell’Alaska, 7 nel Pacifico, 12 nel Golfo del Messico e 9 nella regione atlantica che fanno del piano di perforazione il più imponente, almeno a memoria d’uomo, della storia USA: circa il 90% delle acque federali USA a disposizione delle compagnie petrolifere. Fortunatamente, tra le fila degli oppositori rientrano pure militanti dello stesso partito repubblicano come Rick Scott, governatore della Florida, il quale ha costretto il tycoon ad un repentino dietrofront lungo le coste da lui amministrate.
E deve essere anche per questo che il Belize, piccolo Paese del centro America, ha preso la personalissima decisione di dire addio ai “profitti facili” da trivelle grazie all’adozione di una legge a tutela della più grande barriera corallina dell’emisfero boreale.

Guardando ad oriente, invece, sono le esplosioni avvenute sulla Sanchi a far rumore. Rumore che puzza di fumi tossici al gusto petrolio. Perché, in seguito alla collisione del 6 gennaio con una nave mercantile di Hong Kong, la petroliera iraniana è nelle ultime ore colata a picco in acque cinesi, nei pressi di Shanghai, portandosi dietro tutti e 32 i membri dell’equipaggio (29 iraniani, 3 del Bangladesh). Un disastro ambientale per ora minimizzato da Pechino ma che, analizzando le tonnellate di petrolio riversate in mare, non fa certo ben sperare. Sono 136 mila le tonnellate di greggio in acqua. Petrolio stavolta ancor più difficile da “intrappolare” perché diverso da quello che siamo abituati a vedere: si trova sotto forma di gas in barili ad alta pressione, si liquefa quando fuoriesce e, per di più, è inodore oltre che incolore.

E poi ci siamo noi, il centro del mondo. Perché ha ragione Crozza, siamo “il Paese delle meraviglie“. Quello dove ci si indigna per un sacchetto da 2 centesimi ma che non fa caso ai 16 miliardi di euro di soldi pubblici annuali destinati ad attività dannose per l’ambiente (15 miliardi, tra l’altro, i sussidi a favore, encomiabile caso di schizofrenia, da studiare negli anni a venire nelle migliori università del Pianeta). Attività che si trasformano in danni per il benessere pubblico, che sempre noi siamo costretti a pagare: di tasca e di salute.
Legge, quella sui sacchetti (per carità contestabilissima in alcuni suoi punti), che per la prima volta trasforma un costo occulto – si, il mega segreto dello shopper precedentemente gratis è caduto, ora rimane da scoprire solo dove si cela il Santo Graal – in un prezzo trasparente, verificabile, insomma: roba da libertà di scelta. Quella tanto invocata, evidentemente a sproposito, e che ricorda a noi italiani quanto ci piaccia il “fessi e contenti”.
Chissenefrega, poi, della tassazione ambientale che il Senato ammette essere spropositata: a noi piacciono i sacchetti, quelli biodegradabili, magari pure compostabili! A noi del report che afferma che le famiglie pagano il 70% in più rispetto ai danni ambientali creati, mentre le imprese il 26% in meno, non interessa. Sono le buste biodegradabili, quelle che promuovono la ricerca italiana, quelle che tentano di farci mangiare meno plastica, quelle che rischiano seriamente di scongiurare un 2050 con più plastica in mare che pesci, a renderci la vita un inferno. Perché, passasse pure il milione di posti di lavoro, la flat tax al 15%, il grande bluff dell’uscita dall’euro, il “me ne vado se perdo il referendum”, persino la dentiera gratis agli anziani… ma non ci toccate i 2 centesimi per gli shopper. Eh, no! Quelli si, che fanno incazzare sul serio. Italia: che gran gioie.

 

Articolo pubblicato su giornalistinellerba.it

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