Con Kepler-452 il teatro si fa specchio del mondo reale

Nel cuore di Bologna, due giovani registi, Nicola Borghesi ed Enrico Baraldi, hanno deciso dieci anni fa di portare il teatro fuori dalle sale, fondando la compagnia Kepler-452. Non per curiosità o sperimentazione fine a se stessa, ma per trasformare la scena in un luogo d’incontro autentico, dove la vita quotidiana diventa materia teatrale. “Volevamo abitare i territori, ascoltare le persone, lasciare che la realtà parlasse da sola – ricorda Baraldi -. Non volevamo costruire spettacoli a tavolino, ma cercare il materiale direttamente nei luoghi, dentro le comunità. Così abbiamo fatto: abbiamo ascoltato, osservato e lasciato che la realtà si trasformasse in drammaturgia”.
Questa filosofia ha trovato la sua prima espressione in “Il capitale”, spettacolo nato dall’incontro con gli operai della fabbrica Gkn di Campi Bisenzio, in Toscana. Nel 2021, 422 lavoratori ricevono un licenziamento improvviso via email. Gli operai occupano la fabbrica e danno vita a un’assemblea permanente. “Io e Nicola abbiamo vissuto con loro – racconta Baraldi -. Abbiamo ascoltato le loro storie, capito le motivazioni, condiviso i momenti difficili. Quando incontravamo persone la cui esperienza ci sembrava particolarmente significativa, le invitavamo a salire sul palco. Non per recitare un ruolo, ma per raccontare se stesse”. Da questi incontri nascono monologhi intensi che restituiscono esperienze, emozioni e punti di vista reali, intrecciandosi in una riflessione profonda sul rapporto tra lavoro e capitalismo contemporaneo.
Con “A place of safety”, Kepler-452 utilizza lo stesso approccio per raccontare cos’è oggi il Mediterraneo. Il progetto nasce dal dialogo con le Ong impegnate nel soccorso in mare, come Sea-Watch ed Emergency, e dalla volontà di raccontare ciò che avviene oltre i confini italiani. I due registi trascorrono cinque settimane a bordo della Sea-Watch 5, condividendo la quotidianità dell’equipaggio. “Facevamo tutto ciò che facevano gli altri – spiega Baraldi -: accoglienza dei naufraghi, logistica, ricognizioni aeree, gestione dei soccorsi. Solo vivendo queste esperienze possiamo restituirle in teatro in modo autentico”. Le testimonianze raccolte durante la missione sono potenti e spesso drammatiche. Come quella di Miguel, soccorritore, che Baraldi racconta con emozione: “Una bambina di tre anni e sua madre sono finite in acqua davanti ai miei occhi. Non siamo riusciti a salvarle. Tornato a bordo, ho cercato di distrarmi con il lavoro, ma poi sono crollato.
Quel senso di colpa, quella impotenza, si sono trasformati nel tempo in convinzione di voler cambiare le cose. Cinque soccorritori e soccorritrici sono poi saliti sul palco per raccontare le proprie storie, le motivazioni che li hanno spinti a unirsi alle spedizioni umanitarie e i segni lasciati da quelle esperienze. “Ognuno porta con sé una storia unica, ma tutte hanno una cosa in comune: l’umanità negata e la responsabilità della società civile di reagire – sottolinea Baraldi –. Abbiamo voluto rendere l’esperienza immersiva anche scenicamente: i pannelli bianchi che compongono la scena riproducono le murate delle navi e diventano superfici video per le proiezioni delle missioni reali. Così lo spettatore vive l’impressione di essere a bordo, di respirare l’aria del mare, di vedere ciò che noi vedevamo. È un modo per mostrare che i diritti umani non valgono ovunque, e che la società civile può agire dove le istituzioni falliscono”. Accanto a A place of safety, la compagnia ha sperimentato nuovi modi di fare comunicazione. Ideando per esempio “Zona blu”, un reading musicale che unisce teatro, musica dal vivo e video-documentari. Un formato più agile, pensato per spazi alternativi, che mantiene intatta la forza emotiva e politica del racconto.
Oggi Kepler-452 guarda al futuro. Dopo dieci anni di attività, l’obiettivo è creare un festival o una rassegna nella città metropolitana di Bologna: un’occasione d’incontro tra artisti e pubblico, per condividere il metodo e l’esperienza maturata in questi anni. “Non si tratta solo di fare spettacoli – conclude Baraldi – ma di trasmettere un modo di lavorare: andare sul territorio, incontrare le persone, restituire le loro storie in modo autentico. Vogliamo creare spazi di dialogo, aprire l’orizzonte delle pratiche teatrali ad altri artisti, contaminare e farci contaminare”.
Il teatro, nelle mani di Kepler-452, diventa così uno specchio del mondo: uno spazio dove le vite degli altri ci attraversano e ci interrogano. Ogni storia che va in scena apre finestre sulla realtà. Sta poi allo spettatore decidere se tenerle aperte. E spesso il vento del cambiamento passa persino dagli spifferi.