Riscatto e sostenibilità: storia di CoopVentuno
È una storia di criminalità ma che parla di “riscatto“. È la storia di Gennaro Del Prete e Massimiliano Noviello, due ragazzi che hanno visto morire i propri padri per mano della camorra.
E riscatto è proprio il termine che più volte ha ribadito Massimiliano durante la chiacchierata in cui mi ha raccontato la sua storia e quella di Gennaro, “la nostra amicizia nasce per la condivisione non solo di valori e di ideali ma anche dalla sofferenza. Dal dolore di due persone che hanno perso i rispettivi padri“.
Stiamo parlando di Federico Del Prete, sindacalista degli ambulanti, ucciso nel 2002 (poche ore prima del processo a cui stesso lui aveva dato inizio) per aver denunciato l’imposizione delle buste di plastica monouso in propetilene (i nostri comuni “shopper”, vietati per legge per via delle enormi ricadute sociali ed ambientali che ne comporta la diffusione) nei mercati rionali di Mondragone. La denuncia del racket aveva portato all’arresto di un vigile urbano rivelatosi un colletto bianco al soldo della criminalità organizzata.
E stiamo parlando di Domenico Noviello, imprenditore che nel 2008 era riuscito a far arrestare e condannare gli emissari del clan dei Casalesi.
“Con Gennaro ci siamo conosciuti grazie al coordinamento familiari vittime della criminalità organizzata della Campania, regione che ne detiene il primato. Lui non digeriva il fatto che la morte del padre potesse risultare vana e per questo mi chiese se avevo voglia di mettermi in gioco. Volevamo trasformare la nostra rabbia in qualcosa di costruttivo“.
E allora i due si sono cominciati a interrogare su cosa si potesse fare per contrastare il traffico illegale degli shopper, perché è importante ricordare le vittime “ma la memoria non serve a molto se non si trasforma in impegno. Noi siamo in prima linea nelle iniziative, come le marce per la legalità, ma queste da sole non strappano i ragazzi dalle mani della mafia”.
Da qui l’idea di creare un’impresa sociale, la loro COOPERATIVA VENTUNO (la primavera della sostenibilità), che con la produzione di shopper biodegradabili e compostabili punta non solo ad essere un simbolo di legalità e sostenibilità ma anche forza lavoro per tutti quei giovani in difficoltà costretti, troppo spesso, ad arrendersi al malaffare per mancanza di alternative.
“Abbiamo deciso di aprire questa cooperativa per dare in primis una mano alle persone svantaggiate e poi anche per la commercializzazione di nuovi shopper, nati con l’esperienza di Gennaro ed in cui sono coinvolto come figlio di imprenditore, per contrastare l’estorsione. Oggi l’estorsione viene fatta anche sotto forma di servizio offerto. Ti dò lo shopper, che sei costretto ad acquistare, e l’ultima cosa che ti chiedi è se lo shopper è conforme alle norme legali. Difficile che qualcuno vada a vedere se è legale uno shopper in propetilene”.
Creare un’impresa che combatte la diffusione degli shopper illegali proprio lì, nel bel mezzo della “terra dei fuochi”, si sarebbe potuto rivelare un azzardo troppo grande ma anche in questo Massimiliano è chiaro, molto chiaro.
“Ma come avete fatto in un territorio così difficile a creare un’iniziativa del genere? Molte persone ce lo chiedono. Ciò che rispondo sempre è: la nostra forza è la nostra incoscienza. Noi tante domande non ce le facciamo, così evitiamo di crearci molti problemi, altrimenti non staremmo qui, altrimenti non si farebbe mai nulla”.
Ma i problemi per la commercializzazione dei loro shopper biodegradabili ci sono. Difficoltà da imputare alla mancanza dei controlli da parte delle forze dell’ordine, difficoltà nel convincere i titolari dei negozi ad acquistare un prodotto che non porta immediati benefici ai loro profitti.
“Gli shopper che noi produciamo costano qualcosina in più. Il commerciante, per questo motivo, non ne vede il perché debba preferirli agli altri e tante volte, purtroppo, veniamo allontanati anche in malomodo. Ma ci sono anche altre realtà. Persone più sensibili a queste tematiche, come gli associati dell’anti racket e le aziende più virtuose sul territorio che spesso hanno avuto problemi con la criminalità. Molti di loro acquistano da noi”.
Fortunatamente gli aiuti per promuovere la loro iniziativa arrivano anche da altri settori. In particolare Legambiente ci ha messo la faccia, o meglio, ha messo la faccia di Fortunato Cerlino, alias il superboss di Gomorra Pietro Savastano attraverso la campagna #UnSaccoGiusto.
“Grazie a Legambiente abbiamo avuto modo di conoscere persone come Andrea De Stefano, Catia Bastioli, i referenti di Novamont… Non è facile incontrare persone, anche del Nord, che si interessino di shopper, di ragazzi. Ci stanno dando un grosso aiuto. Non è facile arrivare con questi argomenti ad un pubblico ampio, soprattutto quello giovane che però segue molto fiction come Gomorra. Per questo è stato pensato il personaggio che interpreta Fortunato Cerlino, che ringrazio. Anche perché ha voluto fare tutto gratuitamente”.
Lo spot, molto efficace nel veicolare il messaggio al grande pubblico, sarà tradotto in varie lingue in modo da far conoscere la storia di Massimiliano e Gennaro in giro per il mondo e, mentre me lo dice, noto dell’emozione nel suo tono di voce.
Altra iniziativa che vede partner COOP VENTUNO è #sacchETICO (un sacco di legalità). È un sacchetto in Mater-Bi che Sisifo propone come strumento di comunicazione per veicolare campagne di grande valore sociale. Chi acquista un sacco di legalità adotta un comportamento resiliente e sostenibile nel pieno rispetto della legge e della propria salute. “Partecipiamo a questa iniziativa perchè rispecchia i nostri valori“. Ma l’illegalità non è diffusa solo in Campania: metà dei sacchetti in circolazione in Italia sono illegali. I numeri che fornisce Legambiente (mostrati nell’immagine) sono spaventosi.
“Capito con 160 milioni di euro a quante persone puoi dare lavoro? Il senso è quello di creare un’economia sana facendo rete con le attività virtuose del territorio. Bisogna anche aderire al consumo critico. Ad esempio pago chi non paga, come a Catania, dove attraverso un app si possono conoscere le attività che non pagano il pizzo. I giovani così possono andare a premiare e a sostenere una pizzeria che si è ribellata alla criminalità“.
La mia ultima richiesta a Massimiliano è stata quella di dare un consiglio, un consiglio a chi fugge lontano dalla propria terra. “Quello che posso dire è sognare. Sognare di cambiare le cose e trasformare le cose negative in positive”.
Sognare. Parola che assume un significato particolare se detta da chi si è visto portare via un genitore dalla camorra. Il senso del messaggio che lancia Massimiliano è chiaro. Non arrendersi di fronte a nuove sfide. Non rinunciare a cambiare le cose. Cose che cambiano anche attraverso piccoli gesti di vita quotidiana. Ad esempio orientando meglio le nostre scelte in modo da premiare il produttore virtuoso o come dice Fortunato nello spot Un Sacco Giusto: Stiamoci Attenti.
Articolo pubblicato su giornalistinerba.it