Non c’è trasparenza sulla crisi climatica: il caso Eni durante Petrolio
La recente controversia emersa durante la trasmissione “Petrolio” su Rai 3 solleva questioni fondamentali riguardanti la libertà di informazione e la responsabilità delle aziende nell’affrontare la crisi climatica. L’episodio, caratterizzato da una censura preventiva da parte di Eni, dovrebbe scatenare un acceso dibattito sul come promuovere una discussione aperta e trasparente sulla crisi ambientale che stiamo affrontando. Discussione che in Italia manca clamorosamente. Ma passiamo ai fatti.
Martedì sera (27 febbraio 2024), durante la puntata di Petrolio, per la prima volta sul servizio pubblico va in onda una inchiesta internazionale sul colosso petrolifero EXXON – in Italia Esso – che mostra come fosse già dagli anni 70 a conoscenza degli effetti devastanti del settore fossile sulla crisi climatica (in quel periodo orano proprio le società fossili a possedere i migliori studi sul cambiamento climatico). Nonostante tutta questa conoscenza, EXXON ha continuato negli anni a far crescere il suo business legato ai combustibili fossili fregandosene delle conseguenze.
Nel corso della trasmissione in diretta sarebbe dovuta intervenire la società oil & gas italiana, l’Eni per l’appunto, per parlare di transizione e anche del processo che la vede coinvolta: #LaGiustaCausa mossa da Greenpeace e ReCommon nei confronti del Cane a sei zampe con l’obiettivo di indurre l’azienda a partecipazione statale – lo Stato detiene la maggioranza delle azioni – a ridurre le emissioni di almeno il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020. La cosa non è piaciuta alla compagnia, tanto da indirizzare una nota dai toni piuttosto accesi letta dal conduttore, Duilio Giammaria, dove si rimprovera alla trasmissione di aver preso la strada di “un atto di accusa pregiudiziale verso le società energetiche, basato su contestazioni inaccettabili e che saranno demolite in altre sedi dedicate”.
A sorprendere non sono solo i toni, e non è neanche tanto la volontà dell’Eni di sottrarsi da un dibattito che la vede coinvolta in una “climate litigations” – azione legale che ha per esempio portato un tribunale olandese a stabilire che Shell deve ridurre le proprie emissioni di CO2 del 45% nel giro di dieci anni -. A sorprendere è il fatto che nella puntata non si è più parlato del più importante processo in atto nel nostro Paese – #LaGiustaCausa -, al quale avrebbe dovuto partecipare anche il giornalista Ferdinando Cotugno, come lui stesso racconta.
L’accaduto è stato così commentato da ReCommon e Greenpeace: “La censura preventiva messa in campo ieri da Eni in prima serata durante la trasmissione Petrolio, con la lettura di un comunicato dai toni durissimi e intimidatori nei confronti della redazione, che ha impedito un dibattito sulle sue responsabilità per la crisi climatica, e sulla causa che come Greenpeace Italia e ReCommon abbiamo intentato nei suoi confronti per gli impatti delle sue attività sul clima, è di una inaudita gravità. Chiediamo che intervenga la Commissione di vigilanza Rai per appurare cosa è successo e se, come sembrerebbe, ci sono state pressioni indebite da parte di un’azienda controllata dallo Stato su una trasmissione del servizio pubblico, tali da impedire un livello di informazione completo e trasparente”.
Quando sarà possibile parlare di crisi climatica, delle sue conseguenze, delle responsabilità e delle soluzioni, in modo trasparente in questo Paese? Perché se di crisi climatica si muore, di sicuro greenwashing, fake news, e informazione imbavagliata non sono un toccasana per la nostra salute. Democratica e non.