L’Italia brucia, il Pianeta pure

È una vera e propria “Estate di fuoco“.  L’emergenza incendi, aggravata dalla situazione climatica che contribuisce con i suoi lunghi periodi di siccità (ne abbiamo parlato qui) uniti al fenomeno delle ondate di calore, ha colpito l’intero territorio nazionale mettendolo in ginocchio.

In un mese bruciati gli ettari andati in fumo in tutto il 2016
Dalla Toscana al Vesuvio, dal Lazio che chiede lo stato di emergenza alla Sicilia, fino alla Calabria e alla Puglia. Nessuna regione d’Italia sfugge alla furia del fuoco.
Se prendiamo in considerazione il solo mese che va dalla metà di giugno alla metà di luglio, sono stati 26 mila gli ettari di superficie boschiva andati in fumo. Addirittura il 94% dell’intera superficie bruciata in tutto il 2016.
È la regione Sicilia, fino ad ora, a farne maggiormente le spese con i suoi 13 mila ettari distrutti. Seguono Calabria con i quasi 6 mila, Campania con 2500 e Puglia con 1500 ettari dati in pasto alle fiamme. La Basilicata, invece, risulta essere la regione con meno danni: 84 ettari bruciati.
Secondo Legambiente la maggior parte degli incendi è di natura dolosa, il 60% di quelli appiccati nel 2016 sono infatti ad opera di piromani e di “ecomafie“. Perché esiste una vera e propria guerra messa in atto dalla criminalità organizzata dove l’obiettivo è la gestione illecita dei territori.
Ogni anno grossa parte delle aree incendiate sono proprio quelle sottoposto a vincolo di inedificabilità.
Appiccare un incendio è anche un segnale, un modo per minacciare quei proprietari che non vogliono piegarsi alle pressioni mafiose. Pressioni per conquistare terre “adatte” ad attività criminali come lo sversamento illecito dei rifiuti. Terre che, una volta incendiate, diventano più facili da sbloccare a livello burocratico e più vantaggiose sul piano economico, con un costo d’acquisto minore.
Senza dimenticare che, come successo in Calabria, a volte sono gli stessi operai incaricati alla bonifica e al ripascimento i colpevoli: incendiano per assicurarsi il “posto di lavoro” nel corso del tempo.
Ma a dare la mazzata finale su questo 2017 ci ha pensato pure il Governo. Perché se da una parte è vero che siamo di fronte a numeri straordinari, dall’altra il sistema di prevenzione italiano non ha assolutamente funzionato.
L’appuntamento incendi è ciclico, si ripete nello stesso periodo ogni anno ma, come emerge dal dossier confezionato da Legambiente, molte regione non si sono ancora dotate di un piano anticendio boschivo (come Lazio e Campania) e delle modalità attuative per organizzare iniziative di prevenzione con gli atri organi statali, quali Vigili del Fuoco e Protezione Civile.
La decisione, poi, di accorpare l’ex Corpo Forestale all’arma dei Carabinieri ha tolto altri elementi ad un già sottodimensionata flotta incaricata della salvaguardia del territorio.
E tardano pure i decreti attuativi: i Ministeri competenti non gli hanno ancora approvati facendo esplodere la situazione di caos, bloccando di fatto in un limbo burocratico il personale, i mezzi e gli strumenti necessari a fronteggiare l’emergenza. E i canadair? Semplicemente non sono abbastanza, pochi in rapporto alla superficie italiana.

Ondate di calore: andrà sempre peggio
Diversi studi confermano che a causa delle condizione climatiche sempre più aride il numero e la portata degli incendi è destinato ad aumentare. Come detto in precedenza, ad incidere è soprattutto il mix tra siccità ed ondate di calore.
Per quanto riguarda le ondate di calore, il recente report “Global risk of deadly heat” pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature nella sezione Climate Change offre uno scenario per nulla confortante.
In pratica, se non dovessimo fare nulla per mitigare gli effetti climatici, il 74% della popolazione mondiale sarà costretta a vivere nella morsa del caldo torrido e dell’afa entro il 2100. Facendo una semplicissima proporzione, si parla di 3 persone su 4.
Ma già oggi l’impatto non è trascurabileil 30% della popolazione vive per almeno 20 giorni all’anno dove le temperature sono rischiose per la salute.
Il report, ovviamente, come soluzione consiglia la riduzione dei gas serra in atmosfera ma avvisa: nonostante gli sforzi la popolazione mondiale coinvolta raggiungerà comunque la quota del 48%.
Sorprende anche il numero di decessi riconducibile a questo fenomeno. Tra gli esempi citati troviamo i 70 mila morti in Europa ad opera del caldo anomalo del 2003 e i 10 mila del 2010 nella sola Mosca.
“Trovare così tanti decessi collegati al caldo è stato sorprendente. Questo tipo di morti passano spesso in secondo piano – dichiara il principale autore dello studio Camilo Mora del Department of Geography dell’Università delle Hawai – È come essere lentamente cotti, una tortura. Chiaramente sono i giovani e gli anziani quelli più a rischio, ma abbiamo scoperto che il calore può uccidere anche persone più preparate fisicamente, come soldati e atleti. L’obiettivo è trovare una soglia che ci permetta di capire quando gli eventi climatici estremi diventano dannosi per le persone”.

È chiaro che l’attività criminale incide in modo pesante sul numero di terre che bruciano. Ciò che pure deve essere chiaro, è che i fenomeni legati al climate change tendono ad intensificare questo tipo di eventi estremi. Ne è un recente esempio la difficoltà avuta nel domare il grande incendio del Portogallo, al quale avevamo prestato giustamente qualche canadair (fortuna che è avvenuto prima della nostra emergenza altrimenti la situazione sarebbe stata addirittura peggiore), che è costato la vita a più di 60 persone. E ne è un esempio l’Italia di questi ultimi neri giorni. Dove non piove da mesi e dove le temperature di giugno risultano essere 3,5 gradi sopra la media stagionale.
Per questo motivo il nostro Paese, oltre a risolvere le magagne che solo lui riesce a creare per esasperare le attività di prevenzione, deve velocemente dotarsi di una seria strategia di adattamento al cambiamento climatico, oltre che di mitigazione.
Perché a seguito delle terre bruciate ci saranno, inevitabilmente, nuovi disastri. Nuove frane e nuove alluvioni, dovute soprattutto alla mancanza degli alberi andati in fumo, stanno per arrivare. E non si tratta di una ostile minaccia. Ma solo della triste realtà.

 

Articolo pubblicato su giornalistinellerba.it

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