Il Goal 7 dell’Agenda 2030 sull’energia pulita è a rischio
Il mondo non è sulla buona strada per raggiungere il Goal 7 dell’Agenda 2030 “Energia pulita e accessibile”. A fare il punto sull’argomento è l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), della Divisione statistica delle Nazioni unite (Unsd), della Banca mondiale e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicato il sei giugno.
L’edizione 2023 di “Tracking SDG 7: the energy progress report”, discussa anche nell’ultimo High level political forum, ricorda che nonostante alcuni progressi compiuti negli anni la trasformazione del sistema energetico non avviene al ritmo necessario: rischiamo così di vivere in un mondo ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, sia nel 2030 e sia nel 2050.
“La crisi energetica che stiamo vivendo deve essere utilizzata per stimolare una diffusione delle energie rinnovabili e delle attività legate all’efficienza energetica. Tuttavia, le stime Irena mostrano che i flussi finanziari pubblici internazionali a sostegno dell’energia pulita nei Paesi a basso e medio reddito sono diminuiti, ancor prima della pandemia, e che questo genere di finanziamenti interessano una porzione troppo limitata di Paesi. Anche per questo motivo è necessario riformare la finanza pubblica internazionale, cancellando il debito dei Paesi meno sviluppati e definendo nuove opportunità da cogliere per sbloccare gli investimenti indirizzati all’energia pulita”, si legge nella ricerca.
L’aumento del debito e l’aumento dei prezzi dell’energia si stanno abbattendo soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione peggiorando sia le prospettive di accesso all’elettricità e sia la possibilità di disporre di opzioni di cottura “pulite”. Viene infatti stimato che 1,9 miliardi di persone cucineranno ancora facendo affidamento sull’energia fossile entro il 2030 e che 660 milioni, sempre entro la stessa data, saranno ancora prive di elettricità. Due elementi che si ripercuotono sulle condizioni di salute, basti pensare che secondo l’Oms 3,2 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie causate dall’uso di combustibili e da tecnologie inquinanti in ambito domestico.
“L’energia rinnovabile a costi competitivi ha dimostrato ancora una volta una notevole resilienza, ma i più poveri del mondo sono ancora in gran parte incapaci di trarne pieno vantaggio. Per realizzare l’SDG7 senza compromettere gli obiettivi climatici, dobbiamo apportare un cambiamento sistemico nel modo in cui funziona la cooperazione internazionale. È fondamentale che le istituzioni finanziarie multilaterali dirigano i flussi finanziari in modo più equo in tutto il mondo per sostenere la diffusione delle energie rinnovabili e lo sviluppo delle relative infrastrutture fisiche“, ha dichiarato Francesco La Camera, direttore generale dell’Irena.
I numeri dello studio sul Goal 7 Agenda 2030
Nel 2010 circa l’84% della popolazione mondiale poteva contare sull’energia elettrica, un dato via via cresciuto fino al 91% del 2021. Questo significa che più di un miliardo di persone ha ottenuto l’accesso all’elettricità nel giro di dieci anni. Si tratta però di un ritmo che ha subito un pericoloso rallentamento nel biennio della pandemia, e che non è in grado di azzerare il divario in termini di accesso all’elettricità, soprattutto in alcune parti del mondo. Per fare un esempio, nel 2021 circa 567 milioni di persone nell’Africa subsahariana non avevano accesso all’elettricità, un deficit rimasto invariato rispetto al 2010.
Oggi, circa 2,3 miliardi di persone usano combustibili e tecnologie inquinanti per cucinare, soprattutto nell’Africa sub-sahariana e in Asia, dove spesso le famiglie trascorrono anche 40 ore ogni settimana per trovare legna da ardere. Un lavoro “a tempo pieno”, che vieta alle donne, per esempio, di partecipare agli organi decisionali locali e ai bambini di andare a scuola.
L’uso di elettricità rinnovabile nel consumo globale di energia è cresciuto dal 26,3% nel 2019 al 28,2% nel 2020, ma gli sforzi per aumentare la quota delle rinnovabili nel settore del riscaldamento degli edifici e nei trasporti, che rappresentano oltre i tre quarti del consumo globale di energia, restano troppo limitati per centrare l’obiettivo 1,5°C dell’Accordo di Parigi.
Per quanto riguarda l’intensità energetica (la misura di quanta energia utilizza l’economia globale per ogni dollaro di Pil), questa è sì migliorata dal 2010 al 2020, dell’1,8% all’anno, ma il tasso di miglioramento sta pian piano rallentando, è infatti sceso allo 0,6% nel 2020.
Infine, i flussi finanziari pubblici internazionali a sostegno dell’energia pulita nei Paesi in via di sviluppo ammontavano a 10,8 miliardi di dollari nel 2021: il 35% in meno rispetto alla media 2010-2019, e circa il 40% del picco del 2017 di 26,4 miliardi di dollari.
Il focus Iea sull’Italia
Qualche tempo prima, a maggio del 2023, l’Iea aveva rilasciato un’analisi sulle politiche energetiche dell’Italia. Nel documento si legge che il nostro Paese dovrà compiere “notevoli sforzi aggiuntivi” per riuscire a centrare gli obiettivi europei fissati dal pacchetto Fit for 55 e da quelli ancora più ambiziosi del Repower Eu, quest’ultimo nato soprattutto per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi.
In generale l’Italia ha ridotto le emissioni gas serra di quasi il 30% nel periodo 2005-2019, ma preoccupa l’inversione di tendenza che è stata registrata dopo la pandemia. Per quanto riguarda l’installazione di fonti rinnovabili l’Italia era partita bene, “si è verificata una impressionante crescita delle energie rinnovabili tra il 2010 e il 2013, quando sono stati aggiunti circa 20 gigawatt (Gw) alla capacità di elettricità rinnovabile, di cui i tre quarti dal solare fotovoltaico, grazie anche a generosi incentivi”, si legge infatti nello studio, che però ricorda che dal 2014 al 2022 tutto si è praticamente bloccato dato che “sono stati aggiunti solo 8,6 Gw di nuova capacità rinnovabile, di cui 5,6 Gw dal fotovoltaico”.
L’Iea, infine, avanza una serie di “raccomandazioni chiave” indirizzate al governo italiano. Tra queste troviamo: la revisione del Piano nazionale integrato energia e clima – Pniec – per metterlo al passo degli obiettivi europei al 2030 e al 2050; la riduzione del consumo di petrolio e carburanti nei trasporti; l’attuazione della riforma delle procedure di autorizzazione per i progetti di generazione rinnovabile e lo sviluppo della rete; l’inopportunità di utilizzare misure non mirate e che non vanno nello specifico, come i tanti e diversi tagli fiscali, per affrontare la povertà energetica; la revisione dei regimi di detrazione fiscale per gli investimenti di efficienza energetica negli edifici, al fine di massimizzare il risparmio energetico per ogni euro speso.