Crisi climatica: il 2022 registra temperature record nonostante “La Niña”
Mai stato così caldo ma nuovi record di temperatura stanno per arrivare. Se dovessimo con una sola frase descrivere la situazione climatica del pianeta, questa potrebbe essere una buona sintesi. Gli ultimi dati provenienti dai più autorevoli studi sul tema – come il “Provisional state of the global climate 2022” dell’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni unite (Wmo) e il “Global climate highlights 2022” del Copernicus Climate Change Service (C3s) del Centro europeo per le previsioni meteorologiche – dimostrano infatti che le emissioni climalteranti e i livelli di temperatura crescono di pari passo e a ritmi sempre più serrati: gli ultimi otto anni stati i più caldi di sempre, l’Europa ha appena vissuto la sua estate più bollente.
Impatti “sempre più drammatici”
Secondo il Wmo la temperatura media globale nel 2022 è aumentata di 1,15°C rispetto al periodo preindustriale (1850-1900). Un dato parecchio preoccupante se pensiamo che è ancora in atto il fenomeno ciclico che porta a un raffreddamento della superficie dell’Oceano Pacifico conosciuto come “La Niña”, il quale tende a far abbassare la temperatura media del pianeta. È quasi sicuramente per questo motivo che il 2022 non batte il record dell’anno più caldo di sempre ma si piazza tra il quinto e il sesto posto di questa speciale classifica che vede primeggiare, per il momento, l’anno 2016.
Dal 1993, ricorda lo studio, il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato, con una chiara accelerazione dal 2020, basti pensare che negli ultimi due anni e mezzo si è verificato il 10% dell’innalzamento complessivo del livello del mare da quando sono iniziate le misurazioni satellitari quasi 30 anni fa. Stesso discorso per il calore oceanico, che ha toccato il punto più alto da 20 anni a questa parte proprio nel 2021 (ultimo dato disponibile). Grossi anche gli impatti sui ghiacciai globali: le Alpi europee stanno assistendo a un processo di fusione mai sperimentato, mentre sulla calotta glaciale della Groenlandia, che ha perso massa per il 26esimo anno consecutivo, invece della neve è arrivata per la prima volta la pioggia (nel mese di settembre).
Per completare il “drammatico” quadro climatico, il C3s con il suo lavoro di ricerca sottolinea come le temperature abbiano raggiunto nuove vette, come i 3°C sopra la media della Siberia nord-occidentale. Tra le tante regioni nel mondo che hanno dovuto fare i conti con un caldo particolarmente anomalo – rispetto al passato ma non in vista del futuro -, figurano anche l’Europa sudoccidentale e la Penisola Antartica: in queste zone le temperature hanno raggiunto o addirittura superato i 2°C rispetto alla media del periodo preindustriale.
Dati e considerazioni, quelle del Wmo e del C3s che spaventano, soprattutto se pensiamo che la situazione è destinata a peggiorare. Lo si comprende bene dall’analisi sui gas serra, in continua ascesa. Per il Wmo (le stime sono praticamente simili a quelle del C3s) la CO2, il gas climalterante più prodotto dall’attività umana che vede la sua concentrazione in atmosfera misurata in parti per milione (ppm), è per esempio aumentata del 149% rispetto ai livelli preindustriali: si attesta oggi a 415,7 ppm, superando largamente la soglia di sicurezza suggerita dalla comunità scientifica posta a 350 ppm. Il metano, meno diffuso ma che ha un impatto sul lungo periodo maggiore di circa 25 volte quello della CO2, fa registrare un +262% rispetto alla media del 1850-1900, con una concentrazione misurata in parti per miliardo (ppb) di 1908 ppb. Quest’ultimo è un gas posto sotto i riflettori dall’attività scientifica dato che cresce a ritmi sempre più elevati. Il protossido di azoto, infine, segna un +124%: la sua concentrazione è ora a quota 334,5 ppb.