Clima: Renzi e la marcia delle parole

Martedì 6 giugno l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha invitato i cittadini a partecipare ad una fiaccolata “in difesa del futuro” per gli Accordi di Parigi  in pericolo dopo la dichiarazione di abbandono del trattato da parte degli Stati Uniti (di fianco il volantino dell’evento).
“Siglare all’ONU l’accordo sul clima è stata una delle emozioni più grandi della mia esperienza al Governo. Quando ho apposto la mia firma a nome dell’Italia ho provato un brivido perché quell’accordo non era per noi ma per i nostri figli – scrive Renzi su facebook – Lo penso a maggior ragione oggi dopo la decisione di Trump di ritirare gli Stati Uniti da questo straordinario impegno. Penso però che dobbiamo fare di più. Non possiamo lasciare solo ai Governi la responsabilità di lavorare per gli accordi di Parigi. Ma dobbiamo coinvolgere più persone possibili, i cittadini, le associazioni. Per questo motivo martedì prossimo, 6 giugno, alle 22 il PD organizza delle fiaccolate in tutte le province italiane. Semplici fiaccolate, almeno una per provincia. E ci ritroveremo tutti insieme – anche chi non è del PD, in modo aperto, inclusivo – per dire che noi difendiamo il futuro. Tutto qui: il futuro ci riguarda, il futuro ci appartiene. In tutti i comuni presenteremo ordini del giorno e in Parlamento presenteremo mozioni sulla strategia energetica nazionale: consumi, trasporti, occupazione, filiera delle rinnovabili, trazione elettrica. Ma oltre ai documenti, importantissimi, vogliamo coinvolgere le persone. Cento semplici fiaccolate, senza comizi, senza show mediatici: solo per ribadire con forza che tutti noi crediamo al futuro. E lo difenderemo, costi quel che costi”.

Bello. Parole giuste, di buon senso. Quelle che qualsiasi leader oggi dovrebbe pronunciare. Peccato, però, che in questi anni al Governo del nostro Paese ci sia stato proprio il PD e il suo leader Matteo Renzi. Peccato che in questi anni la situazione delle emissioni italiane sia peggiorata. Peccato che il settore energetico rinnovabile sia fermo al palo con una conseguente perdita di posti di lavoro. Peccato che lo “sblocca Italia” punti su trivelle e inceneritori. Peccato che gli incentivi per l’uso dei combustibili fossili siano cresciuti. Peccato che la nuova SEN (la Strategia Energetica Nazionale) punti soprattutto sul gas. Peccato…

Dalle parole ai fatti: qualche dato
Quando si parla di ambiente e politiche a supporto del benessere e della lotta climatica è sempre bene aiutarsi con dei numeri. Gli unici in grado di fotografare la situazione reale del Paese.
Sistema elettrico – Secondo Terna (l’operatore che gestisce la diffusione dell’energia elettrica in Italia), nel 2016 la quota di elettricità prodotta da rinnovabili in Italia è stata del 38,5%, in diminuzione rispetto al 2015 (41,6%) e al 2014 (44,3%). Inoltre, la bolletta elettrica riformata dal governo Renzi è iniqua. Fa pagare di più chi consuma meno disincentivando il risparmio energetico, l’efficientamento e le rinnovabili.
Mobilità sostenibile – Nel 2016 nel mondo sono state vendute 800mila auto elettriche (+40% rispetto al 2015), l’1% del totale. In Italia sono appena 2500 le vetture elettriche vendute, numero che mostra la lenta espansione del settore: solo lo 0,1% del totale, dato che ci assegna il triste primato di fanalino di coda europeo.
Sussidi: fossili VS rinnovabili – Secondo il Fondo Monetario Internazionale l’Italia è tra i pochi paesi in controtendenza in Europa e nel mondo. Ha, infatti, aumentato gli investimenti sui combustibili fossili passando dai 12,8 miliardi di $ nel 2013 ai 13,2 miliardi di $ nel 2014. Per le rinnovabili, invece, ha investito 11 miliardi di $ (la Germania 23).
Posti di lavoro – Nel 2012  in Italia erano entrati in esercizio quasi 150 mila nuovi impianti fotovoltaici: nel primo anno dell’era Renzi sono stati appena 722. Nel 2015 si sono persi 4000 posti di lavoro solo nel settore dell’eolico. Secondo uno studio della InterEnergy, l’intero settore rinnovabile in Italia ha perso 60 mila occupati negli ultimi anni.
Sblocca Italia e blocca referendum – Con lo Sblocca Italia Renzi ha dato il via libera alla costruzione di nuovi inceneritori e all’esplorazione di nuovi giacimenti di combustibili fossili. Per il referendum sulle trivellazioni entro le 12 miglia dello scorso 17 aprile, in qualità di Premier, aveva  addirittura invitato gli elettori di non andare a votare. Per lui si trattava di un referendum inutile. Stessa linea tenuta dal Ministro dell’Ambiente Galletti e da persone vicinissime a Renzi, come Debora Serracchiani che, però, solo pochi mesi prima sfilava nei cortei con Michele Emiliano contro le trivellazioni al largo delle nostre coste.
Emissioni CO2 – Secondo l’Eurostat, l’Italia nel biennio 2015/2016 ha aumentato le emissioni climalteranti dello 0,6% (tra i pochi Paesi al mondo ad averlo fatto).

L’Italia e la lotta al climate change: le ultime valutazioni
Ad aprile 2017 il WWF ha presentato le sue pagelle agli stati europei sulle strategie di riduzione delle emissioni al 2050 richieste dall’UE (dovevano essere consegnate entro il 2015). Nella valutazione l’Italia è risultata “non classificata”. Perché? Perché tra gli undici stati membri dell’Unione Europea che hanno consegnato la propria strategia di riduzione l’Italia non è presente e non se ne capisce il motivo.
Il mese prima, a marzo, Transport & Environment e Carbon Market Watch, hanno pubblicato uno studio su quanto le politiche climatiche messe in campo dagli stati siano in linea con gli obiettivi firmati a Parigi.
Lo studio fa riferimento agli impegni presi sull’Effort Sharing, legilazione che fa riferimento a quei settori non coperti dal meccanismo dell’ETS (Emission Trading Scheme): trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti. Per l’Italia ne emerge un quadro disastroso: ventesimo posto con un punteggio di 9/100. Lontana da Svezia (67/100), Germania (54/100) e Francia (52/100). Dietro di noi solo la Polonia (2/100).
Se comunque allarghiamo l’orizzonte parlando, dunque, di politiche che perseguono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (agenda 2030), non è che siamo messi tanto meglio. Nella speciale classifica dei 34 Paesi che fanno parte dell’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), l’Italia figura al trentesimo posto.

In quest’epoca in cui l’unico, purtroppo, a fare ciò che dice è Trump, servirebbe che i politici dessero seguito, magari con dei fatti, alle parole di speranza che pronunciano davanti al mondo intero. Nessuno vieta al PD e a Renzi di organizzare manifestazioni pro-clima, anzi, è proprio quello che ci auguriamo. Ma, contemporaneamente, speriamo che questo sia un segnale per un forte e deciso cambio di rotta, di un nuovo inizio per una nuova politica climatica, e non un’operazione di banale greenwashing politico pre elettorale per mettere lo sporco sotto al tappeto. Perché di tempo ne abbiamo già perso molto e non ci possiamo permettere di lasciarne altro per strada. Soprattutto alla luce di quanto successo negli ultimi giorni negli States. E in questo anche l’Europa può e deve fare molto. Cominciando, ad esempio, ad alzare l’obiettivo al 2030 sul totale di energia prodotta da fonti rinnovabili: al momento è solo del 27%.

 

Articolo pubblicato su giornalistinell’erba.it

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